Al referendum farò la scelta meno pericolosa

Voterò sì. Pur riconoscendo che entrambi gli schieramenti abbiano delle buone ragioni, sono convinto che questa riforma ci consegnerebbe un sistema istituzionale meno difettoso e soprattutto meno pericoloso di quello che abbiamo oggi.

Per affrontare il merito del referendum nel dettaglio non basterebbe un libro, è quindi illusorio tentare di farlo in una breve riflessione. Mi limito a riassumere la ragione fondamentale della mia decisione, spigando perché alcune delle ragioni avanzate dagli esponenti della campagna del No non mi paiono decisive.

Il punto di partenza è che da circa 25 anni l’Italia tenta di emendare il proprio modello di democrazia per avere governi più stabili e maggioranze capaci di portare avanti il proprio programma elettorale. Tutte le forze politiche principali sembrano condividere questa idea, che è stata perseguita con l’adozione di sistemi elettorali in grado di fabbricare maggioranze parlamentari a partire da minoranze elettorali. Nulla si strano o di scandaloso. Bisogna però riconoscere che adottando sistemi che si allontanano dal proporzionale puro, aumentano le probabilità che le maggioranze delle due camere differiscano per composizione. E questo comporta problemi sia per la vita dei governi sia per i procedimenti legislativi. Non a caso nella fase dell’alternanza, a partire quindi dal 1994, il bicameralismo paritario ha messo a varie volte a rischio la stabilità dei governi o ne ha complicato la nascita, senza peraltro aggiungere nulla alla capacità del parlamento di rappresentare i cittadini. Due legislature su sei sono state completamente segnate da questa incongruenza: la quindicesima (Prodi 2) e la diciassettesima (mancato incarico a Bersani). Il problema non si limita al legame di fiducia: le iniziative legislative devono essere sempre negoziate con due maggioranze parlamentari diverse, senza alcun motivo politico, dando spesso ai senatori un potere di ricatto non giustificabile. Questo non limita il numero di leggi approvate, come vorrebbe una certa vulgata, ma diminuisce la coerenza dei testi legislativi e concausa l’abuso della decretazione di urgenza. Il bicameralismo paritario non è stato, quindi, semplicemente inutile; è stato dannoso. Convengo sull’idea che la governabilità non sia un bene assoluto, ma sacrificarla per dare maggior peso alla casualità non è saggio. E veniamo qui all’argomento della pericolosità dell’attuale sistema. La politica si sta complicando in tutta Europa, con l’emergere di partiti xenofobi, anticasta, o contrari all’integrazione europea. Queste divisioni tagliano trasversalmente destra e sinistra, aumentano la frammentazione e causano grosse difficoltà a formare governi. Credo sia uno scenario destinato a durare, e aggiungerci la lotteria del Senato mi pare, onestamente, temerario. Sopratutto se il paese è legato a un’ UE in piena crisi di identità, che di tutto ha bisogno meno che di governi deboli nell’Europa meridionale.

Veniamo alle ragioni del no. Una critica frequente è che respingere la riforma sia il primo passo per mettere mano a un testo migliore. Obietto che dal 1983 sono stati fatti vari tentativi per scrivere e approvare una riforma di sistema della Costituzione, tutti infruttuosi. L’unico che è arrivato al referendum, peraltro, era un testo ben più radicale di questo e scritto solo dal centrodestra. Cosa fa sperare che in un sistema politico frammentato e conflittuale si trovi un parlamento capace di approvare un lavoro più coerente e condiviso? I professori che vergano proposte coerenti ed eleganti seduti alla propria scrivania fanno un bell’esercizio intellettuale:dovrebbero però pensare anche alle maggioranze politiche da costruire.

Una seconda obiezione è che questa riforma indebolisca le garanzie, soprattutto se sarà mantenuto il sistema elettorale denominato “Italicum”. Si dice che il Presidente della Repubblica potrà essere appannaggio della sola maggioranza perché dal settimo scrutinio basteranno i 3/5 dei votanti, e non dei componenti. Ma ciò significa che basterà l’opposizione di 293 parlamentari (2/5 +1) per mettere un veto. Le minoranze avranno 290 seggi alla Camera. Se la proposta della maggioranza sarò irricevibile basterà trovare un gruppetto di senatori per bloccare tutto. Ricordo che oggi dal terzo scrutinio il Presidente della Repubblica di elegge con la maggioranza assoluta.

Una terza obiezione riguarda l’elezione indiretta dei senatori, il fatto che non saranno veri rappresentanti delle regioni e che avranno troppi poteri data la loro scarsa legittimazione. A mio parere, alcune di queste obiezioni colgono nel segno: l’articolo che disciplina l’elezione dei senatori è confuso, perché frutto di un’estenuante mediazione parlamentare. L’idea di inserire 21 sindaci non mi sembra felice. D’altra parte le leggi che dovranno essere approvate anche dal Senato non dovrebbero essere molto numerose, e riguardano prevalentemente le regole del gioco (come le materie costituzionali. i trattati europei, ) in modo che queste non siano lasciate alla sola Camera.

Un’ulteriore critica riguarda il doppio incarico che graverà sulle spalle dei consiglieri regionali e dei sindaci. Saranno in grado di svolgere un doppio lavoro? Danneggeranno i lavori delle proprie istituzioni o svolgeranno poco seriamente il loro compito di senatori? Molto dipenderà dal numero di leggi che dovranno esaminare a Roma. Il consiglio regionale della Lombardia, composto da 80 membri, ne manderebbe in Senato 13. Non credo siano numeri in grado di mettere in difficoltà i lavori del consiglio, se a questi senatori fossero sottratte, per esempio, le incombenze delle commissioni. Per i sindaci invece, ho timori più fondati.

C’è infine il problema del cambiamento “surrettizio” della forma di governo che sarebbe causato dal combinato disposto tra riforma costituzionale e legge elettorale. Sappiamo che nei sistemi parlamentari l’ultima parola sulla scelta del capo del governo ce l’hanno i parlamentari, non gli elettori. La pretesa che le elezioni indichino sempre e comunque un capo del governo in pectore, pur senza cambiare forma di governo, è una tentazione pericolosa perché rischia di erodere la credibilità di tutto il sistema. Come si comporterà il Presidente della Repubblica se e quando la maggioranza uscita dalla urne entrerà in crisi? Se guardiamo all’esperienza degli anni passati, immagino che cercherà qualcun altro a cui affidare l’incarico di formare il governo. A quel punto sarà accusato di sovvertire il risultato delle elezioni? Il nodo non è nuovo, perché si ripropone dal 1994, e richiede riflessioni differenti. Noto però che la riforma non verterà sulla legge elettorale, che potrà essere cambiata piuttosto semplicemente, e che non porrebbe comunque problemi così diversi da quelli che sperimentiamo da oltre 20 anni.

 

Comments

7 commenti su “Al referendum farò la scelta meno pericolosa”

  1. Maria Antonietta,
    grazie per i commenti. Evidentemente non mi conosci, altrimenti sapresti che parlare di carriera personale non ha molto senso. Vogliamo stare al merito? Sulla scheda del senato hai ragione, anche se non ho visto la trasmissione. Ma ti chiedo: quando è l’ ultima volta che hai potuto scegliere i senatori?

  2. Caro Gianni,
    sono andato a Lecce. Un tempo per i padani quella era Africa, spero valga ugualmente.
    Sulla riforma condivido alcune preoccupazioni, ma mi pare che sia un passo avanti rispetto a quella che abbiamo ora. In ogni caso, purtroppo, non è una riforma costituzionale che risolverà i gravi problemi del lavoro.
    Un abbraccio

  3. Neanche Belusconi aveva osato tanto. Un referendum con una riforma costituzionale promossa in prima persona dal governo (g minuscola) con il solo voto della maggioranza. Calamandrei vi avrebbe denunciato immediatamente. Berlusconi ringrazia.

  4. A tutti quelli del PD che non sono ne democratici e neanche di sinistra ma solo persone rinnovate della Democrazia Cristiana. Invece di pensare alla vostra carriera personale abbiate la decenza di vergognarvi per come avete peggiorate con tutte le vostre clientele il paese Italia. Andate ad abitare alla leopolda, barricatevi dentro e riflette dal jobs act in avanti alle cazzate incommensurabili che avete fatto.

  5. La scheda di Renzi non è un facsimile, è un falso

    Ieri Renzi in TV a Otto e mezzo è stato (finalmente) incalzato da una giornalista sulla questione della scheda falsa denunciata ieri da questo blog. Il premier è rimasto senza parole, ha balbettato per un po’ e poi, come un bimbo che non sa cosa dire, l’ha sparata grossa: “La scheda che ho mostrato è un facsimile”. Ancora bugie davanti agli italiani. Quella scheda non é un facsimile. Un facsimile è per definizione è la riproduzione di un documento ufficiale, originale e esistente. Come riporta la definizione Treccani è la “copia esatta di scritto, stampato, disegno, oggetto, ottenuta mediante riproduzione fotografica o con altre tecniche: il f. d’un manoscritto, d’un documento”.
    Siccome la sua riforma non prevede l’elezione da parte dei cittadini e non esiste una legge elettorale per il senato, quella scheda non esiste. Quindi quello non è un facsimile, è un falso bello e buono per prendere in giro gli elettori. Un comportamento inaccettabile da parte di una persona che ricopre cariche istituzionali. Renzi deve ammettere che quella scheda non esiste. Vogliamo anche sapere chi l’ha materialmente prodotta e lo esortiamo quanto meno a non esporla più in questi ultimi giorni di campagna. Invito anche i giornalisti ad intervistare Renzi sul tema: vuole dirci cosa è quella scheda o no? La sua riforma dimezza il diritto di voto degli italiani, abbia il coraggio di dirlo e la smetta con i sotterfugi.
    Il presidente del consiglio ha anche detto che la denuncia annunciata da Danilo Toninelli non lo preoccupa, con i tempi a cui ha costretto la giustizia italiana come dargli torto. Fossi in lui mi preoccuperei del voto di domenica. Lì gli italiani voteranno nel merito e pochi saranno disposti a dimezzarsi il diritto di voto ora che le sue balle sono state smascherate.

  6. “Temo che tra qualche anno qualcuno possa considerare questa riforma come un attentato alla Costituzione”.

    Video da vedere. Molte più di inutili parole

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/15/referendum-emiliano-pd-attentato-alla-costituzione-zagrebelsky-renzi-dopo-i-coldplay-presa-per-i-fondelli/3193357/

    Con queste parole il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano è intervenuto nel corso di un’assemblea organizzata dal Comitato per il No a Torino insieme al professor Gustavo Zagrebelsky: “Questa riforma è il punto conclusivo di una vicenda sviluppatasi per alcuni decenni e serve a consolidare e non a riformare. Se vince il no, si riaprirà lo spazio per la politica”. Zagrebelsky è tornato anche sulla comparsata di Matteo Renzi a Che tempo che fa con il traino dei Coldplay: “E’ una presa per i fondelli”

  7. Mi presento,
    mi chiamo Gianni e sono un disoccupato (licenziato collettivamente). Potrei scrivere un libro sulle problematiche del lavoro in Italia e dove il PD invece di migliorare ha peggiorato unilateralmente tutto il sistema del lavoro.

    A prescindere dai vari tecnicismi di studiosi non propriamente “onesti intellettualmente” ma troppo genuflessi verso la propria appartenenza di partito la verità sul Referendum Costituzionale è un’altra.

    La divisione e profonda spaccatura (mai vista prima…) che il Paese Italia ha subito e sta subendo (a causa di questo Referendum Costituzionale) che Renzi ha personalizzato esponenzialmente, di seguito riporto un interessante e sincero riassunto in 10 punti per votare No, pubblicato dal Il Fatto Quotidiano a cura di Marco Politi.

    Caro Federico….sei distante e ti ripeto “non onesto intellettualmente”

    A proposito ci conosciamo (parenti? Bo): Gianni di Milano. Ma questa è un’altra storia che a nessuno interessa…

    Aspettiamo sempre che tu vada in Africa….Come Veltroni…..

    10 semplici motivi per dire NO

    1. Il Senato non viene abolito ma è trasformato in dopolavoro di consiglieri regionali e sindaci. Non è serio.

    2. E’ un Senato non eletto dal popolo. Ci sono due modi razionali e trasparenti in Occidente per avere un sistema federale. O nel Senato siedono i governatori delle regioni (come in Germania) oppure i senatori sono eletti come negli Stati Uniti. La legge Boschi è un pasticcio.

    3. Non è affatto abolita la navetta tra Camera e Senato. E’ una bugia. Ci sono dieci procedimenti diversi per cui una legge fa ping pong tra Camera e Senato. Un elemento di confusione.

    4. I sindaci e i consiglieri, che entrano in Senato, ottengono automaticamente l’immunità parlamentare. Uno scudo per qualsiasi porcheria avvenga a livello locale e regionale.

    5. Il nuovo Senato non fa affatto risparmiare 500 milioni di euro. Se ne risparmiano solo poco più di 50. E bisognerà pagare spese di viaggio e soggiorno romano ai senatori.

    6. La riforma costituzionale è strettamente legata alla legge elettorale, che nell’attuale scenario tripolare permette ad un partito che rappresenta un quinto degli italiani di avere una maggioranza spropositata alla Camera, eleggersi i giudici costituzionali e imporre il presidente della Repubblica. E mettere i propri uomini alla Rai.

    7. Persino l’ex presidente Napolitano si è accorto che la legge elettorale è impresentabile e ha chiesto di cambiarla. Non ha senso lasciarsi fuorviare da un documentino preparato dal Pd. Il modo più sicuro di mandare in soffitta la legge-truffa oggi esistente è di bocciarla con il No al referendum.

    8. Con l’attuale legge elettorale i capilista sono eletti obbligatoriamente a prescindere dalla volontà degli elettori.

    9. Si può essere capilista in 11 collegi diversi e quindi sarà deciso dall’alto anche chi sarà il secondo obbligatoriamente eletto senza tenere conto del parere del cittadino elettore. Un sistema che non esiste in nessun paese di democrazia matura in Occidente.

    10. E’ già stato calcolato che due terzi della Camera saranno in tal modo imposti dalle segreterie dei partiti
    Sono già pronti sia a destra che a sinistra progetti di legge che nell’arco di un anno possono cambiare il bicameralismo paritario in maniera pulita e razionale. Il Cnel si può abolire con una rapida legge costituzionale e lo stesso vale per altre modifiche tecniche su cui tutti sono d’accordo.

    Intanto, mai nella storia di una riforma si sono visti fautori del Sì dichiarare che il cambiamento di Costituzione proposto è una “puttanata” (Massimo Cacciari, filosofo) o che bisogna “votare Sì per disperazione … è una fiera delle confusioni, un minestrone” (Giuliano Urbani, ideologo della prima stagione berlusconiana). Dunque è giusto e necessario votare No, perché nessuna Nazione può permettersi una costituzione malfatta.

    Sono già pronti sia a destra che a sinistra progetti di legge che nell’arco di un anno possono cambiare il bicameralismo paritario in maniera pulita e razionale. Il Cnel si può abolire con una rapida legge costituzionale e lo stesso vale per altre modifiche tecniche su cui tutti sono d’accordo.

    Per questi semplici motivi è giusto e necessario votare e far votare NO a una riforma pasticciata, messa insieme con superficialità, che ben undici ex presidenti della Corte costituzionale (trasversalmente di centrodestra e di centrosinistra) hanno giudicato cattiva, sottolineando che indebolisce anche il potere di controllo del parlamento. Un dettaglio rilevante in presenza di un governo come l’attuale, che non rispetta nemmeno le procedure per la presentazione della legge di Bilancio, l’atto più importante di un Paese.

    di Marco Politi

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